lunedì 18 gennaio 2010

ultimo

Questo che scrivo è l'ultimo post che comparirà su questo blog. Chi lo ha sempre seguito sa già qual è il motivo: Riccardo ci ha lasciati ieri.
Ma non intendo parlare del vuoto che ha lasciato, o della sofferenza che ha stretto tutti coloro che lo hanno conosciuto. Qui abbiamo sempre celebrato la gioia di averlo con noi, nelle piccole e grandi cose che sono state questi tre anni e mezzo passati con lui. Per ricordarlo, manterremo il blog online. E qui di seguito pubblico una lettera che gli ho scritto a novembre.
Over.
Tua madre mi ha lasciato solo con i miei pensieri, in questa notte dipinta di un freddo marino in cui anch’io sono poco più che un sasso fra le stille di una battigia calma, che mormora appena il suo canto eterno alle stelle. Dalle serrande filtra una luce giallognola fin troppo familiare, a disegnare sulle pareti figure tremolanti che in tanti altri momenti come questo ho imparato a riconoscere, e di cui ormai comprendo bene ogni moto. Dalla strada rumori sporadici di ruote sull’asfalto, il passo rigido di qualcuno che torna troppo tardi, il soffiare distante di un gatto che fa la posta a qualche angolo di casa.
La poltrona sotto la mia schiena ha subito ripreso la mia forma, anche lei è una vecchia compagna che ho ritrovato in questa confusione tranquilla che è la mia vita adesso. Ho una coperta sulle gambe, di quel blu morbido eppure formale che ricorda le cuccette dei treni a lungo raggio, nato per sposarsi col bianco asettico delle lenzuola di carta monouso. È troppo corta per coprirmi del tutto, o forse sono io ad essere semplicemente troppo lungo per lei, vallo a sapere. Come al solito dal torace in su e dalle ginocchia in giù resto scoperto, visto che addosso ho solo il familiare intimo di cotone grigio che custodisce il mio sonno, o la sua mancanza; eppure non ho freddo, anche se in queste ore, in cui il confine tra il buio e i primi chiarori dell’alba si fa indistinto, è l’aria stessa a rabbrividire intorno a me.
Un tempo avrei avuto la musica, a circoscrivere lo spazio fra un respiro e l’altro, una coltre di note evocative e sommesse oppure rabbiose e dure, dolcissime entrambi nel toccare le corde più riposte del mio esistere un po’ accidentato, a volte smarrito, spesso stanco di attendere una ragione di salvezza. O forse avrei affondato il viso nelle pagine di un libro, uno qualsiasi dei tanti che amo, per cercare tra il nitore dell’inchiostro ed il frusciare pastoso delle pagine parole sufficienti a contenere le mie malinconie nutrite dal vento e dai tramonti. E magari ci sarebbe stata una donna, raggomitolata fra le coperte del mio letto a profumare le lenzuola con la sua pelle e le sue ciglia, qualcuno da abbracciare mentre il nuovo giorno giunge pigramente ad imporre le sue leggi di necessità cui adempiere; non per ansia d’amore o per voglia, ma per rinnovare il mistero di due corpi che si incontrano, per annegare le labbra nelle labbra e gli occhi negli occhi e poter distinguere, anche solo per un istante, il disegno dietro le nostre vite. Mistero da poco, fatto di capelli, di salsedine e di sentori di pioggia, o dell’arrochirsi di una voce fra le pieghe della sera. Mistero non di fede ma di brevi consapevolezze, di ricordi e di blande ragioni.
Un tempo tutto ciò, o qualcos’altro ancora. Un dito di alcol, passi randagi attraverso gli spazi delle stanze, ticchettii di orologi… nell’attesa di una lacrima, o di un senso. Ma non stanotte.
Adesso, sotto questa coperta da poco ed i suoi fruscii discreti, dorme un bambino col mio stesso nome. Le mie mani ne stringono le forma, lo sorreggono appena perché possa distendersi del tutto e arrivare più vicino al mio respiro, a questo cuore che per lui ha perso così tanti battiti da pensare più di una volta di essersi fermato. Continuo a guardarlo, ad ascoltare i moti minimi delle sue mani abbandonate su di me; riempiendomi della sua presenza silenziosa, delle forme buffe dei suoi capelli, della linea dolcissima del suo nasino arrotondato. Cercando in lui anche la più piccola traccia di me, scrutando i suoi sogni cullati dalla curva delle mie braccia. E interrogandomi sul ragazzo e sull’uomo che sono dentro di lui.
Non pongo domande complicate: vorrei solo sapere se gli piaceranno i libri che leggerò per lui, se vorrà vedere con me quel film che mi fa sempre ridere, anche alla centesima volta. E se resterà ad ascoltarmi quando gli parlerò di universi lontani e delle imprese di eroi fantastici e imperfetti, o quando gli racconterò delle città che ho visto, delle mille persone che ho incontrato e conosciuto. Mi chiedo che faccia farà quando gli racconterò delle tante piccole, stupide, tristi e meravigliose cose che hanno portato due vite così distanti a fondersi in una; se protesterà perché non vuole questa o quella maglietta, se metterà il muso perché ho ridacchiato di fronte al dramma esistenziale di una compagnetta che continua a non filarlo, o se mi abbraccerà per un giochetto portato da qualche autogrill sperduto fra le eriche e le nubi.
E poi quasi inevitabilmente, bimbo mio, il pensiero ritorna a quando ti ho visto per la prima volta, creatura minima in un giaciglio di dolore, mentre attorno un vento di braci frustava le case dai lineamenti tetri. Al finire di un mattino di momenti irrisolti, lunghi come solo il rollio ansioso dell’attesa è capace di essere, scanditi dal tremore delle corde impalpabili dell’esistere e dal moto fugace delle mani giunte, irrequiete, inadatte a misurare lo spazio senza nome fra gli istanti. Dopo, per giorni sfumati in settimane e poi in mesi, solo lacrime negate o raccolte dalle ciglia, il frusciare dei tessuti sulla tua pelle infinitesima, i tuoi occhi dischiusi appena sul mondo. Ed io a sederti vicino, silenzioso, a mormorarti di mondi verniciati d’astratto e delle tele senza trama del pensiero. Sempre ad un singolo passo dal tuo respiro, spesso inaudibile.
Affanni che hanno segnato i miei gesti, il mio stesso viso, il mio modo di drizzare le spalle per reggere meglio una parte del peso del mondo. Sorridendo anche di fronte allo spettro della morte, perché quando ti ho guardato ho saputo che avresti conosciuto il tocco delle mie braccia; senza motivo, né ragione. Solo certezza. Ed un giorno, mentre una brezza di gocce inumidiva i palazzi dalle finestre spente, infine sei arrivato qui fra queste stanze, creatura di sospiri nell’abbraccio del mattino, piegando l’architettura misteriosa della mente a sovvertire le sue regole per sottacere ad una stasi del comprendere, densa di calore e di abbandono.
Dopo di allora, a lungo, solo lucori di gioia sotto l’arco delle ciglia, l’odore fresco di lenzuola sull’avorio della pelle nuda… e i tuoi occhi di crepuscolo schiusi come quel sorriso che illumina non solo il tuo volto, ma l’intera vita di tutti quelli che hanno il privilegio di conoscerlo. Ed ecco perché adesso sono qui a fissare queste parole: perché un giorno, non importa quando, tu possa leggerle. E comprendere, al di là di ogni mia incapacità di esprimerti quello che sento con i gesti di ogni giorno, di quanto il mio amore per te sia stato un rivolo di assoluta, luminosa purezza fra le lande dense di ombre di questa mia esistenza incerta.
Il tuo papà

giovedì 19 marzo 2009

un'altra cosa seria

Lo so che i nostri affezionati frequentatori avrebbero preferito un post di tutt'altro tono, specie dopo così tanto tempo senza notizie; ma ci sono varie cose in corso, quindi il vostro fido scriba ha preferito pubblicare una sorta di relazione, richiestaci dalla mitica pediatra del piccolo don, che dovrebbe finire in mano ai vertici della asl 3. Giudicate voi, noi intanto tocchiamo ferro per gli eventuali esiti.
Il caso di Riccardo è esemplificativo di come e quanto sia difficile, per una famiglia che si ritrova a dover gestire un bambino disabile, vedere riconosciuti quei diritti indispensabili a garantire al proprio figlio una accettabile qualità della vita, ricadendo nel paradosso che proprio ciò che dovrebbe costituire un aiuto sostanziale diventa un problema in più da risolvere, con conseguenze tanto ovvie quanto evidenti.
Riccardo nasce nel giugno del 2006 alla 25ma settimana di gestazione, all’esito di una gravidanza gemellare con morte intrauterina del fratello. Le sue condizioni, determinate soprattutto da un’emorragia cerebrale intraventricolare, richiedono un periodo di permanenza presso l’Unità di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Garibaldi di Nesima che si protrae per ben 5 mesi, per due dei quali il nostro bambino resta intubato. La degenza è contrassegnata da frequenti crisi respiratorie e convulsioni trattate con fenobarbitale, nonché da interventi chirurgici per la chiusura del dotto di Botallo e per il trattamento della retinopatia. Inoltre un’infezione sistemica particolarmente grave, tale da mettere seriamente a rischio la vita del bambino, richiede un trattamento antibiotico con gentamicine che riesce infine a debellarla ma causa come conseguenza una sordità profonda bilaterale. Superato questo momento di crisi particolarmente grave, tuttavia, le condizioni del piccolo cominciano a migliorare lentamente ma costantemente fino a consentirne la dimissione.
Su indicazione del Direttore dell’UTIN, il bambino viene immediatamente portato presso il reparto di audiovestibologia dell’ospedale di Circolo di Varese; dove l’equipe del dott. Sandro Burdo, che rappresenta un’eccellenza assoluta per il trattamento della sordità specie nel caso di bambini molto piccoli e con quadro neurologico complesso, lo prende in carico dando inizio al percorso che lo porta a ricevere l’impianto cocleare ad agosto del 2008. Nel frattempo, parallelamente ai trattamenti per la preparazione all’impianto suddetto, il bambino frequenta quotidianamente un centro di riabilitazione a Catania (il CSR di via Casagrandi), dove si cerca di aiutarlo a correggere la grave ipoposturalità che lo affligge e che è conseguenza dell’emorragia cerebrale patita alla nascita. Nel 2007, infatti, il Prof. Giovanni Cioni (Direttore dell’istituto Stella Maris di Pisa), che supervisiona e indirizza l’attività riabilitativa a cui è sottoposto Riccardo, ha diagnosticato che da tale emorragia è esitata una forma di paralisi cerebrale infantile di tipo discinetico.
In sostanza la situazione è la seguente: pur avendo fatto grandi progressi sul piano della capacità di comunicazione, Riccardo non riesce a stare seduto da solo, ha una grave ipotonicità del tronco e non controlla il capo; non riesce ad afferrare nulla con le mani ed ovviamente non cammina. Dipende quindi totalmente dagli altri, non avendo alcuna autonomia. Certo, molti progressi sono stati fatti, rispetto al giorno delle sue dimissioni; ma la strada che ci si ritrova a percorrere è lunga e accidentata, e soprattutto senza alcuna certezza di poter giungere al suo pieno recupero. Eppure, anche solo per arrivare allo stato attuale sono stati fatti sacrifici tutt’altro che piccoli, da parte della nostra famiglia. Le trasferte a Varese hanno avuto una cadenza di circa una volta al mese, e più di una volta mamma e bambino vi hanno passato dei lunghi periodi; nel 2008, in concomitanza dell’impianto, c’è stata la necessità di rimanere continuativamente nella città lombarda per 8 mesi. A ciò vanno aggiunte le trasferte alla Stella Maris di Pisa, anche se molto più rarefatte, per le verifiche periodiche del quadro neuromotorio, o quella all’ospedale Regina Margherita per valutare la condizione dell’apparato urogenitale.
Tutti questi spostamenti e soggiorni lontano da casa, per quanto paradossale possa sembrare, finora sono stati a nostro totale carico, dato che a tutt’oggi non è pervenuto alcun emolumento legato alla condizione di invalidità del bambino. Ma affrontiamo questo argomento partendo dall’inizio: a gennaio del 2007 abbiamo fatto domanda per il riconoscimento della condizione di handicap e dell’invalidità civile nonché del sordomutismo. La visita presso la commissione è avvenuta in condizioni a dir poco disagiate solo nel luglio del 2007, in una giornata caldissima e in mezzo a una calca assordante di persone vocianti, dove il nostro era l’unico bambino presente. Per inciso, all’epoca Riccardo soffriva di grossi problemi di termoregolazione, tanto che la temperatura stazionava perennemente a 38 gradi e mezzo. Dopo circa 8 mesi abbiamo ricevuto il verbale della visita. A dir poco anomalo, perché nonostante il riconoscimento del terzo comma della legge 104, veniva totalmente ignorato il sordomutismo e veniva concessa esclusivamente l’indennità di frequenza; non l’accompagnamento, dunque, che la gravità della condizione di Riccardo - a detta di chiunque, specialista e non - giustificherebbe appieno. Ci siamo dunque visti costretti a proporre ricorso innanzi al giudice, il quale ha fissato l’udienza per il febbraio 2010, e nel frattempo abbiamo presentato due nuove domande per cercare di “regolarizzare” la situazione e soprattutto evitare soluzioni di continuità nel riconoscimento dei diritti e della condizione di invalidità del bambino. Ad oggi (marzo 2009) non siamo giunti a percepire nulla nemmeno di quel poco che ci è stato riconosciuto, pare a causa di non meglio accertati disguidi nel corso della fase in Prefettura, mentre le spese per cercare di assicurare al nostro bambino quanto di meglio la medicina possa offrire non stanno certo diminuendo.
Alla luce di quanto illustrato, risulta evidente come sia necessario, da parte delle strutture pubbliche competenti, varare un approccio differente all’intera questione, che consenta alle famiglie di avere pieno riconoscimento dei propri diritti e delle prestazioni assistenziali e metta altresì la macchina burocratica in condizione di lavorare con maggiore efficienza e rapidità sgravandosi dei costi aggiuntivi dovuti alle carenze di organizzazione.
Come? È anzitutto fondamentale che sin dall’inizio le famiglie ricevano informazioni corrette e univoche, a cura di assistenti sociali competenti ed aggiornati nonché di opuscoli informativi redatti con chiarezza e semplicità. Inoltre, dato che le nascite avvengono in un numero di strutture tutto sommato limitato (dal quale, almeno in prima istanza, possono essere escluse le cliniche, che in genere non sono attrezzate per fornire prestazioni di terapia intensiva neonatale e per i casi a rischio si appoggiano dunque alle strutture ospedaliere), nei casi come quello citato potrebbe essere la stessa equipe medica ad attivare il meccanismo, segnalando agli incaricati del servizio pubblico le famiglie da contattare in ragione del quadro clinico del paziente. Sarà quindi un assistente sociale col “polso della situazione” ad indicare ai genitori tipologia e modalità delle richieste da presentare, evitando sin dall’inizio errori la cui correzione – una volta dato corso alla procedura – risulta complessa per tutte le parti in causa.
Per quanto riguarda le visite presso l’ufficio invalidi, è indispensabile provvedere ad una programmazione differente. Creando per i bambini, che hanno necessità diverse da quelle degli assistiti adulti, una corsia dedicata che permetta il perfezionamento dell’iter in tempi ragionevoli (allo stato attuale, è bene precisarlo, i tempi d’attesa per ogni step superano quelli previsti dalla legge, esponendo la struttura pubblica ad azioni di rivalsa da parte dei cittadini). Ed intervenendo inoltre sui criteri della rivedibilità: stabilire di rivedere dopo tre anni un bambino affetto da una patologia genetica (come ad esempio la fibrosi cistica) o da sordità profonda bilaterale come nel caso di Riccardo, è contrario sia a quanto stabilito dalla legge che al semplice buon senso, ottenendo l’effetto deleterio di ingolfare l’ufficio competente e di richiedere alle famiglie tempo ed energie sicuramente meglio impiegabili per assistere i propri figli. Ed ancora, non meno importante, provvedere allo svolgimento delle visite in locali più idonei rispetto a quelli di via Ventimiglia, la cui carenza logistica ad accogliere numeri consistenti di persone con varie patologie è fin troppo evidente; specie nel caso in cui qualche assistito, magari proprio a causa della calca e delle condizioni di disagio da questa derivanti, dovesse accusare un malore, data l’assenza di strutture mediche di supporto.
Infine, è indispensabile migliorare il coordinamento fra i diversi enti pubblici coinvolti nelle procedure, pena l’arenarsi spesso inspiegabile dei fascicoli ad ogni transito da un ufficio all’altro; magari per l’assenza di un documento burocraticamente essenziale ma che gli interessati non sanno di dover produrre a loro cura. Problema che va affrontato a diversi livelli, ma il cui peso potrebbe essere ridotto, anche in questo caso, da una buona informazione all’inizio dell’iter, magari statuendo di far produrre in un'unica soluzione al primo ente ricevente tutti i documenti necessari anche per le fasi successive, garantendo la completezza di ogni pratica e facilitando il lavoro di tutti gli attori coinvolti.
Tutto ciò con la speranza che domani nostro figlio, e tutti gli altri in condizioni più o meno simili, possano presentarsi nuovamente presso quegli stessi uffici e dire: “grazie per quello che avete fatto per me, ma ormai sono guarito e non ne ho più bisogno”.

domenica 28 dicembre 2008

a volte ritornano

Siore e Siori, il ranocchio è ufficialmente tornato ad essere un siculo residente (era ora). Dopo sette mesi e mezzo (con la matta; ma non pensi male la mamma per la fortuita assonanza...) di peregrinazioni tra nord-est, nord-ovest e centro Italia, e persino di brevi scollinamenti oltre il confine con la Svizzera (ma quando l'outlet chiama la ranocchia madre risponde), don Riccarduzzo è tornato a calcare il suolo della Trinacria poco prima delle festività natalizie.
Per celebrare degnamente l'evento gli dedico, riveduta e corretta, una delle mie canzoni preferite [Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (ndr)]. Sperando che De Andrè non si rivolti troppo nella tomba, che al nord il terremoto c'è appena stato...

Riccardo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor
al sol di un inverno tiepidino
ondeggia il calzino
del ranocchio vincitor
la pappa del principe e del sordo
verdeggiano il cimiero
d'identico color
ma più che del pranzo le sbavate
dal ranocchio son sentite
le bramosie d'amor
"se ansia di gloria e di cocleare
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per star con tuo padre
chi poi impone alla nonna soave
di chiudersi in casa a seguire i lavori
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave"
così si lamenta il siciliano
s'inchina intorno il grano
gli son corona i fior
lo specchio di chiara fontanella
riflette fiero in sella
dei sordi il vincitor
Quand'ecco nell'acqua si compone
mirabile visione
il simbolo d'amor
nel folto di lunghe trecce bionde
il ciuccio si confonde
lucente in pieno sol
"Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi una tal tettarella"
disse Riccardo scendendo veloce di sella
"Deh cavaliere non v'accostate
già d'altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate"
Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso
Riccardo s'arrestò
ma più dell'onor poté il digiuno
fremente l'elmo bruno
il ranocchio si levò
codesta era l'arma sua segreta
da Riccardo spesso usata
in gran tribolazion
alla donna apparve un bel nasino
un volto birichino
ma era il ranocchion
"Se voi non foste il mio sovrano"
Riccardo si sfila il suo giubbottino
"non celerei il disio di fuggirvi lontano,
ma poiché siete il mio signore"
Riccardo si toglie perfino il calzino
"debbo concedermi spoglia di ogni pudore"
Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente
d'onor si ricoprì
e giunto alla fin della tenzone
incerto sull'arcione
tentò di risalir
veloce lo arpiona la pulzella
repente la parcella
presenta al suo signor
"Deh proprio perché voi siete il sire
fan cinquemila lire
è un prezzo di favor"
"E' mai possibil per mille coltelli
che le ciucciate in codesto reame
debbano esser gravate di esosi balzelli,
anche sul prezzo c'è poi da ridire
ben mi ricordo che pria di partire
v'eran tariffe inferiori alle tremila lire"
Ciò detto le diede un colpo d’occhio
con balzo da ranocchio
in sella si lanciò
frustando il cavallo come un ciuco
fra i glicini e il sambuco
l’anur si dileguò
Riccardo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor
al sol di un inverno tiepidino
ondeggia il calzino
del ranocchio vincitor

martedì 7 ottobre 2008

polvere bianca

Nel riprendere dopo una colpevolmente lunga assenza, aggiorniamo gli innumerevoli lettori del blog sulle ultime novità. Partendo ovviamente dall'attivazione dell'impianto, avvenuta con esito soddisfacente: adesso il ranocchio è ufficialmente bionicamente attivo, e le implicazioni di questa affermazione sono talmente evidenti che spero le sue fan non ricomincino ad intasarmi la casella di posta elettronica.
Altro fatto di grande rilevanza è rappresentato dalla comparsa di altri due denti, per l'esattezza i secondi incisivi inferiori. Siamo dunque a un totale di sei (diconsi sei!) denti, risultato tutt'altro che disprezzabile (la media è di un dente ogni 4,5 mesi). Continuando con questo ritmo il piccolo dovrebbe completare la prima dentizione fra soli 117 mesi (ehm...), quindi già nel 2018 potremo ammirare il suo sorriso perfetto! Questa si che è precocità!!
Ma la notizia più importante, l'evento che non esito a definire fondamentale per le sorti dell'umanità, è la fine della stitichezza! Scordatevi l'appiccicoso e putibondo sciroppo di manna-fichi-frutti di cassia, strana mistura alchemica sospetta già all'odore, così come i microclismi (oh, qual leggiadro termine per appellare i clisteri) e le manovre materne col termometro, delle quali le associazioni di tutela dell'infanzia spero non vengano mai al corrente; il ricorso alla polvere bianca, di semplice utilizzo grazie alle sue bustine monodose, consigliataci di recente da un esperto del settore, ha restitutito al ranocchio una capacitas defecandi più che apprezzabile. Anzi, talmente apprezzabile che adesso viaggiamo alla media di tre scagazzate al giorno, con conseguente impennata nel consumo di pannolini e dei carichi in lavatrice. A parte questi trascurabili effetti collaterali è però innegabile il beneficio ottenuto da quando abbiamo fatto ricorso alla polverina magica. E dire che c'è ancora chi non vuole che sia legalizzata...

martedì 26 agosto 2008

nunzio vobis bionicum est

Dai e dai, finalmente ci siamo riusciti. Giovedì 21 il tanto sospirato impianto cocleare è stato realizzato nel corso di un'intervento senza complicazioni, alla fine del quale il dott. Burdo si è detto soddisfatto. La dichiarazione rilasciata ai microfoni di Radiostagno International (one stagn one world) è stata "sente, e sente bene". Il risveglio dall'anestesia è stato con incazzatura, nonostante anestesista e medici si siano profusi in coccole; consegnato alle braccia materne non appena fuori dalla sala operatoria, il piccolo don ha apostrofato la ranocchia madre con l'espressione (che traduciamo dal ranocchiese per i non esperti in tale idioma, scusandoci verso i puristi): "brutti stronzi, che razza di pacco mi avete tirato stavolta?".
Le blandizie materne sono comunque riuscite a placare le giuste proteste del ranocchio bionico, che è dunque transitato brevemente dalla rianimazione per poi approdare al reparto di otorinolaringoiatria ove ha passato la notte. Il giorno successivo trasferimento in oculistica per la parte conclusiva della degenza, medicazione e dimissione nel pomeriggio. Il breve transito pomeridiano in audiovestibologia ha dato inizio ufficiale ai festeggiamenti, proseguiti a cena con la complicità dell'abbinamento mousse al cioccolato - moscato passito di pantelleria (è confermato, Dio esiste) e culminati lunedì mattina con la nuova visita in audiovestibologia, dove il piccolo don ha accolto col solito contegno l'abbraccio caloroso del personale e degli altri genitori/compagni di (s)ventura. Mancavano solo gli striscioni e le stelle filanti!
Insomma, questa parte della vicenda è conclusa. Adesso qualche altro giorno di medicazioni, poi via i punti e poco dopo l'impianto sarà attivato. Inutile dire che Radiostagno International (one stagn one world) è già pronta per trasmetterne in stagnovisione i momenti salienti (altro che copertura delle olimpiadi).
Restate collegati in attesa delle prossime news. Per il momento ci congediamo, esprimendo la nostra soddisfazione con la moderazione che da sempre ci contraddistingue: ADRIAANAAAAAAAAAAAA!!!!

sabato 9 agosto 2008

sarà la volta buona?

Come i più assidui frequentatori del blog sapranno, anche a luglio è andata buca. Niente posto in terapia intensiva per garantire eventuale assistenza dopo l'anestesia, indi niente intervento. Segnaliamo per dovere di cronaca la grande disponibilità (e cocciutaggine) del dott. Burdo, disposto ad interrompere le sue ferie pur di fare l'intervento; ma di fronte a tali congiunture astrali avverse non c'è ostinazione che tenga. Prego notare il tocco di cesello da parte della signora Sfiga: intervento previsto originariamente per martedì mattina, posto in rianimazione disponibile fino a lunedì pomeriggio quando abbiamo provveduto al ricovero e svanito nel corso della notte, con tempismo perfetto per far andare tutto in vacca. I tentativi di procedere dei giorni successivi sono risultati ugualmente infruttuosi, tanto da costringere ad un rinvio della data più consistente.
La banda dei ranocchi è dunque sbarcata al villaggio Lovison, ove ha soggiornato qualche giorno prima di muoversi alla volta dell'altopiano di Asiago (non si dica che il ranocchio non frequenta solo località di villeggiatura à la page). Intorno a ferragosto è previsto il nuovo rientro a Varese, con la speranza di poter finalmente procedere all'impianto il 19. Nel frattempo, ci auguriamo che i varesotti abbiano imparato a guidare meglio la moto, ergo la smettano di schiantarsi contro gli alberi; o che almeno si tolgano il casco, come fanno buona parte dei loro colleghi catanesi, in modo da avere la buona creanza di restarci secchi senza aggravare il bilancio del sistema sanitario e soprattutto di smetterla di fregare il posto in rianimazione al piccolo don!

venerdì 27 giugno 2008

the final countdown

Ovviamente, niente a che vedere con la canzone degli Europe nè col suo grandioso rifacimento ad opera di Brigan Tony ("mi stuppai 'na fanta", roba da veri intenditori). Stavolta parliamo del definitivo conto alla rovescia verso il 22 luglio, giorno in cui - se nessuno ci mette la coda - il piccolo don verrà finalmente trasformato in un ranocchio bionico. L'impianto sarà singolo, giusto compromesso tra le esigenze del pargolo e quelle di chi deve operare; ma preferisco non dire da quale lato verrà impiantato, onde non suscitare illazioni legate a preferenze politiche.
Intanto, beatamente ignaro dell'equipe medica che lo aspetta al varco, il ranocchio si sta godendo una lunga vacanza al mare dalle parti del Circeo (evito indicazioni più precise, se no si ritrova assediato dai paparazzi) in compagnia di nonni, zia e cuginette. Una vacanza fatta di qualche ora al mare, passeggiate in mezzo al verde, il fresco della sera, tanto gioco... insomma, quanto basta per fare rodere il fegato a chi è incatenato agli impegni lavorativi e il mare per adesso se lo può scordare (compreso il sottoscritto, non so se si è capito, che rosica due volte perchè il mare per di più ce l'ha ad un passo).
A breve nuove informazioni e reportage fotografico completo dalla ridente località di villeggiatura, come vuole il palinsesto estivo, prima che dagli studi dell'audiovestibologia di Varese vada in onda la nuova trasmissione "tutto il cocleare minuto per minuto", che si preannuncia già come il successo della prossima stagione. A voi regia.